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giovedì 18 marzo 2010

Marziani e macchine volanti

«Come sono dunque gli abitanti di Marte? Somigliano a noi?»
«Dalle descrizioni che abbiamo ricevuto da loro, non sono affatto simili a noi; tuttavia in fatto di civiltà e di scienza, sembra che non siano a noi inferiori. Figuratevi, zio, che hanno delle teste quattro volte più grosse delle nostre e che quindi, con un simile sviluppo di cervello, non devono essere più arretrati di noi.»
«Ed il corpo?»
«I martiani, da quanto abbiamo potuto comprendere, sono anfibi che rassomigliano alle foche, con braccia cortissime, che terminano con dieci dita, e piedi molto grandi e palmati.»
«Dei veri mostri, insomma!» esclamò Toby, che ascoltava con viva curiosità quei particolari.
«Non sembra infatti che siano troppo belli» rispose Holker. «Ma andiamo a prendere il tè, o lo troveremo freddo. Riparleremo dei martiani e del loro pianeta quando saremo alla stazione ultrapotente di Brooklyn.»
Lasciarono la stanza ed entrarono nel salotto. La piccola ferrovia con un solo vagoncino, stava ferma all'estremità della piastra di metallo. Non fu però quella che attrasse l'attenzione di Brandok e del dottore, bensì un'ombra gigantesca che si agitava dinanzi alle due ampie finestre.
«Che cos'è?» chiesero, slanciandosi innanzi.
«Il mio Condor» rispose tranquillamente Holker.
«Un pallone dirigibile?» chiese.
«No, signori, una macchina volante che funziona perfettamente, dotata d'una velocità straordinaria, tale da poter gareggiare colle rondini ed i colombi viaggiatori. Ve n'erano ai vostri tempi?»
«Qualche pallone dirigibile, sempre pericoloso» disse Toby.
«E siccome i palloni causavano troppe disgrazie, noi da cinquant'anni abbiamo abbandonato l'idrogeno per le ali. Prendiamo il tè, poi avrete il tempo di osservare il mio Condor e di vederlo manovrare.»

Da "Le meraviglie del duemila", Emilio Salgari

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