Prossimo incontro

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Prossimo Club del Libro: venerdì 6 marzo 2015, h.19:30, Canale Mussolini (Antonio Pennacchi), pizzeria Pinsa's, Spaarndammerstraat 772

martedì 26 luglio 2011

José Saramago, l'Ultimo quaderno - Storie d'Emigrazione

(Grazie a Giovanna)
Scagli la prima pietra chi non ha mai avuto macchie d’emigrazione che gli imbrattassero l’albero genealogico … Proprio come nella favola del lupo cattivo che accusava l’innocente agnellino di intorbidirgli l’acqua del ruscello a cui si abbeveravano entrambi, se non sei emigrato tu, è emigrato tuo padre, e se tuo padre non ha dovuto cambiare posto è perché tuo nonno, prima di lui, non poté far altro che andarsene con armi e bagagli, in cerca di quel pane che la sua terra gli negava. […] Quelli che sono riusciti a sopportare le violenze di sempre e le nuove privazioni, i sopravvissuti, disorientati in mezzo a società che li disprezzavano e umiliavano, smarriti fra lingua che non potevano capire, a poco a poco hanno costruito, con rinunce e sacrifici quasi eroici, moneta su moneta, centesimo su centesimo, il futuro dei propri discendenti. Alcuni di questi uomini, alcune di queste donne, non hanno perso né voluto perdere la memoria del tempo in cui dovettero patire tutte le angherie del lavoro mal pagato, e tutte le amarezze dell’isolamento sociale. Rendiamo grazie a loro, che hanno avuto la capacità di preservare il rispetto che dovevano al proprio passato. Tanti altri, la maggior parte, hanno tagliato i ponti che li legavano a quei periodi più cupi, si vergognano di essere stati ignoranti, poveri, a volte miserabili, si comportano, insomma, come se una vita decente, per loro, fosse iniziata veramente solo il giorno felicissimo in cui hanno potuto comprarsi la prima automobile. Sono quelli che saranno sempre pronti a trattare con la stessa crudeltà e con lo stesso disprezzo gli emigranti che attraversano il Mediterraneo, dove gli annegati abbondano e sono pastura per i pesci, se la marea e il vento non hanno preferito spingerli sulla spiaggia, fin quando non arriverà la guardia civile a recuperare i cadaveri. I sopravvissuti dei nuovi naufragi, quelli che hanno toccato terra e non sono stati espulsi, avranno ad attenderli l’eterno calvario dello sfruttamento, dell’intolleranza, del razzismo, dell’odio per la pelle del sospetto, della mortificazione morale. Quello che prima era stato sfruttato, e ha perso la memoria di esserlo stato, sfrutterà. Quello che è stato disprezzato, e finge di averlo dimenticato, raffinerà il proprio disprezzo. Quello che ieri hanno mortificato, oggi mortificherà con più rancore. Ed eccoli a scagliare pietre, tutti insieme, contro chi arriva su questa sponda, come se i loro genitori non fossero mai emigrati, come se non avessero mai sofferto per la fame e la disperazione, per l’angoscia e la paura. In verità, in verità vi dico, ci sono modi di essere felici che sono semplicemente odiosi» (José Saramago, l'Ultrmo quaderno - Storie d'Emigrazione, Feltrinelli 2010)

martedì 19 luglio 2011

Prossima Serata Babele - 5 agosto 2011 - USA

Carissima - o,

Ho il piacere di informarti che la prossima Serata Babele si svolgerà venerdì 5 agosto alle 19:30, al Burgermeester, in Reguliersbreedstraat 3, ad Amsterdam.
Il tema della serata saranno gli Stati Uniti.

Ceneremo insieme presso e poi, dopo esserci spostati in un altro locale, ci scambieremo idee sul tema letterario della serata, e scambieremo anche libri.

Porta uno o più libri (meglio se collegati al tema della serata).
L´idea é di presentare i libri che ci accompagnano agli altri presenti.
A tua discrezione, potrai prestare o regalare il tuo libro. Nel primo caso, il ritorno al legittimo proprietario da parte del ricevente si impone.

La serata é aperta a tutti (vecchi, nuovi, first timers e coming back) ed ad ogni genere di libro. Sarà come al solito un incontro polifonico e plurale di idee in libertà.

Ciao,
Giuseppe

Club del libro Amsterdam
Giuseppe Cipriani
www.asinomorbido.blogspot.com
+31 621572327

domenica 3 luglio 2011

Prossimo Club del Libro - 2 settembre 2011 - Accabadora (Michela Murgia)

Carissimi,

Per il prossimo incontro, abbiamo scelto di leggere "Accabadora", scritto da Michela Murgia.
In chiusura a questo messaggio una breve introduzione al romanzo.

Venerdì 2 settembre 2011 alle 19:30, c´incontreremo presso la pizzeria Secchetti [Ten Katestraat 16, ad Amsterdam (1053 CE)] per parlarne.
In prossimità di quella data manderò un ulteriore messaggio per ricordare a tutti voi il nostro incontro.

Cerca su Facebook e iscriviti alla pagina dedicata al Club del libro (Amsterdam)
Visitando la pagina, potrai (ri)conoscere, contattare ed interagire con gli altri iscritti al Club, vedere il calendario dei prossimi incontri, i libri che abbiamo letto nel passato … e molto altro.

Il blog è uno spazio aperto alla tua partecipazione. Vuoi scrivere sul blog? Contattami e ti spediró le necessarie informazioni sul come fare.

Gli altri libri proposti nel corso della serata sono stati:

Le correzioni (Jonathan Franzen)
Imprimatur (Rita Mondaldi, Francesco Sorti)
Storia naturale di una famiglia (Ester Armanino)
Statale 17. Storie minime transumanti (Barbara Summa)
Il cimitero di Praga (Umberto Eco)
Le volpi vengono di notte (Cees Nooteboom)
Un amore dell'altro mondo (Tommaso Pincio)
Nessuno si salva da solo (Margaret Mazzantini)

Ad Amsterdam, puoi acquistare libri in italiano presso la Libreria Bonardi [Entrepotdok 26, (1018 AD) T: 020-623 9844, W: www.bonardi.nl, E: lb@bonardi.nl].
Comunica di far parte del Club del Libro ed otterrai uno sconto del 10% sul prezzo di vendita del nostro prossimo libro.

SCHEDA LIBRO

Titolo: Accabadora
Autore: Michela Murgia
Editore: Einaudi
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo di copertina: E18,00
Pagine: 164

Sintesi:
Maria e Tzia Bonaria vivono come madre e figlia. La loro intesa ha il valore speciale delle cose che si sono scelte. La vecchia sarta ha visto Maria rubacchiare in un negozio. Siccome nessuno la guardava ha pensato di prenderla con sé, perché «le colpe, come le persone, iniziano a esistere se qualcuno se ne accorge». Avrà molto da insegnare a quella bambina cocciuta e sola: come cucire le asole, come armarsi per le guerre che l'aspettano, come imparare l'umiltà di accogliere sia la vita sia la morte. D'altra parte, «non c'è nessun vivo che arrivi al suo giorno senza aver avuto padri e madri a ogni angolo di strada».

Trama:
Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli. Eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno.
Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come «l'ultima». Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. «Tutt'a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fill'e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia».
Eppure c'è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi. C'è un'aura misteriosa che l'accompagna, insieme a quell'ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina. Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell'accabadora, l'ultima madre.
La Sardegna degli anni Cinquanta è un mondo antico sull'orlo del precipizio, ha le sue regole e i suoi divieti, una lingua atavica e taciti patti condivisi. La comunità è come un organismo, conosce le proprie esigenze per istinto e senza troppe parole sa come affrontarle. Sa come unire due solitudini, sa quali vincoli non si possono violare, sa dare una fine a chi la cerca.

Breve introduzione:
Con una lingua scabra e poetica insieme, Michela Murgia usa la forza della letteratura per affrontare un tema complesso senza semplificarlo. Trova le parole per interrogare il nostro mondo mentre racconta l'alfabeto elementare di «quando gli oggetti e il loro nome erano misteri non ancora separati dalla violenza sottile dell'analisi logica».

Al prossimo Club del Libro!

Alberto

Incontro - Educazione siberiana

Ci siamo incontrati un gruppo molto nutrito, ieri sera. Abbiamo parlato di Educazione siberiana, scritto da Nicolai Lilin. Il giudizio collettivo sul romanzo si riassume in un 2.9. Alcuni hanno letto il romanzo in un fiato altri non sono riusciti a finirlo. Com'è facile capire, ad alcuni il romanzo è piaciuto. Le "accattivanti" vicende narrate e l'abilità dell'autore nel farlo sono stati i motivi che li hanno spinti a non staccare gli occhi dalle pagine di questo romanzo. Altri invece sono stati delusi dal fatto che il romanzo non è forse null'altro che pura -ed a volte maldestra- finzione ed in alcuni punti falso storico. La storia del criminale buono, la lotta al potere costituito, la descrizione di un codice di (im?)moralità crimnale, le scene a volte macabre e truculente hanno suscitato in alcuni forti emozioni, passione, interesse e curiosità. In loro è anche sorto un piccolo conflitto generato dall'empatia provata nei confronti del protagonista. Altri lettori sono stati infastiditi dai dettagli storici -negligentemente- inesatti, dalla poco credibile storia di uno che è "troppo" come lo è il protagonista.
Ci siamo lasciati chiedendoci se ci troviamo di fronte ad una sfrontata bufala libraria o ad opera d'arte letteraria? Si tratta di puro genio d'artista? O piuttosto del risultato di un sapiente marketing editoriale? Che importa, lasciatemi dire, quando un libro provoca tanta discussione e tante domande come questo ha fatto. Leggerlo o non leggerlo? A voi la scelta.

sabato 2 luglio 2011

La bufala Lilin - Parte 2

Qui un altro commento a Educazione siberiana. Anna Zafesova, La Stampa, 23/6/2009
ciao a tutti!

Scusi, da che parte si trova Fiume Basso? La mitica roccaforte degli Urca siberiani descritta da Nicolai Lilin nel suo Educazione siberiana (Einaudi) come la terra dove ha imparato il codice d’onore criminale, crescendo tra coltelli, pistole, icone e tatuaggi? Gli abitanti di Bendery scrollano le spalle, poi suggeriscono di allontanarsi dal centro per un paio di isolati, nel «settore privato», come nella provincia ex sovietica si chiamano i quartieri di casette quasi rurali a uno-due piani, con orto e giardino. Ma è il quartiere dei siberiani? Denis Poronok è perplesso: «Chi sono? Mai sentiti».

    Questa è la Transnistria, che nell’immaginario del lettore italiano si colloca a metà tra Corleone e Macondo. Una scheggia dell’impero sovietico tra l’Ucraina e la Moldova, che vive dal 1990 in un limbo giuridico e politico: falce e martello nella bandiera, guarda a Mosca, ma formalmente resta parte della Moldova, anche se si comporta con indipendenza. La Siberia è lontana migliaia di chilometri, ma è qui che è nato il fenomeno letterario della stagione: la storia dell’adolescenza di Nicolai e della sua «famiglia» siberiana che animava una resistenza al regime con le armi in mano. Una storia descritta nei particolari, nomi, luoghi, circostanze, usi e costumi. Tra i russi che hanno avuto modo di leggerla, la mitologia siberiana ha suscitato irritazione e perplessità. «La nostra è una città multietnica, russi, ucraini, moldavi, la zarina Caterina aveva mandato coloni tedeschi ed era numerosa la comunità ebraica. Ma i siberiani non si sono mai visti», dice Denis, fotografo e cameramen della tv locale.

    Una perplessità normale per i russi, per i quali i siberiani non sono un’entità separata, ma al massimo quei 36 milioni che abitano i 13 milioni di chilometri quadrati (tre volte l’Ue) dagli Urali al Pacifico, composti da galeotti e scienziati, cacciatori indigeni e ingegneri dei pozzi petroliferi. Secondo Lilin, gli Urca sarebbero una minoranza etnica «discendente degli antichi Efei» che viveva di caccia e rapina e che dalla Siberia venne deportata in Transnistria negli anni ‘30, quando era parte della Romania (sarebbe stata annessa all’Urss nel 1940, nella spartizione dell’Europa tra Stalin e Hitler). Così i comunisti avrebbero popolato «l’impero romeno», come lo chiama lo scrittore, di criminali russi sconfiggendo le cosche locali. «Assurdo», ride Pavel Polian, storico russo che da 25 anni studia le deportazioni di comunismo e nazismo: «Si deportava in Siberia, ma non dalla Siberia, meno che mai in Moldova. E gli Efei non sono mai esistiti».

    Anche degli Urca i dizionari etnografici non portano traccia. In compenso, vengono citati già nel 1908 nel vocabolario del gergo criminale di Trakhtenberg: urka, o urkagan, criminali di professione, ladri, bari, rapinatori. Una parola antica, un esercito criminale che dalle pagine di Solzhenitsyn, Shalamov e Herling appare dotato di una ferocia disumana, usato nel Gulag contro i detenuti politici. Oggi i loro eredi preferiscono chiamarsi «vory», ladri. La «famiglia» di Lilin potrebbe essere una scheggia di quel mondo? «Non ho mai sentito parlare di una mafia siberiana separata con quelle tradizioni», dice Federico Varese, professore di criminologia a Oxford e uno dei massimi esperti di mafia russa. E l’arte segreta dei tatuaggi? «Fa parte della subcultura dei “vory”, con particolare enfasi sulle madonne, negli Urali esistono cosche “blu”, dal colore dell’inchiostro sulla pelle», dice Mark Galeotti, professore alla New York University che studia la criminalità postsovietica. «Ma sono comuni a tutti i criminali russi».

    Secondo Lilin l’esistenza stessa degli Urca era un segreto del regime. Una comunità quasi estinta, che aveva lasciato un segno profondo, vincendo da sola la guerra del 1992, quando la Moldova in preda a bollenti spiriti postsovietici ha invaso la provincia separatista. In Educazione siberiana si narra del trionfo dei «siberiani», riusciti a far esplodere uno dei due cinema di Bendery pieno di militari. Marian Bozhesku, ricercatore ucraino autore di Transnistria 1989-1992, lo studio più esaustivo sul conflitto, dice di non averne mai sentito parlare. «Per noi il ricordo della guerra è ancora vivissimo, abbiamo combattuto disperatamente, dire che sono stati i criminali a vincerla è ridicolo», s’indigna Denis Poronok, che ha la stessa età di Lilin, 31 anni, e contesta la «versione di Nicolai»: «Il cinema esploso è una fiaba, e nel ‘92 a Bendery c’erano quattro sale, non due».

    La Macondo dei siberiani moldavi si sgretola così, un mondo dove geografia e storia diventano fiction. Resta la storia di un ragazzo cresciuto in periferia tra gang e degrado. Una biografia nella quale molti russi si riconoscerebbero. Ma Bendery è una città piccola, 80 mila abitanti dove tutti si conoscono. Conoscono anche Nicolai (anche se all’epoca portava un altro cognome), si ricordano i suoi genitori e il nonno Boris, «grande persona, ha lavorato fino all’ultimo», dice un coetaneo dello scrittore. Si frequentavano quando erano ventenni, è stato anche a casa sua: «Non c’erano icone, né armi, nessun oggetto “siberiano”. Lui era uno curioso, leggeva molto». Nulla di criminale? «Mai sentito che fosse stato in galera, anzi si diceva che a un certo punto si fosse arruolato nella polizia». L’ha rivisto quando Nicolai è tornato a casa, l’anno scorso, accompagnato da un italiano che presentava come produttore tv: «Voleva girare un film sulla Transnistria, diceva che in Italia ne hanno l’idea sbagliata di un luogo orribile, voleva mostrare che siamo gente normale, certo non stiamo benissimo, ma nemmeno così male. Gli avevo presentato artisti, intellettuali, giornalisti». Tra i quali anche Denis: «Mi aveva invitato in Italia a fare una mostra fotografica. Ora che ci penso, se ci fossi andato mi avrebbe spacciato per un Urca siberiano, tanto non avrei capito nulla».

venerdì 1 luglio 2011

Lilin, la bufala che venne dal freddo

di Antonio Armanno (Il Fatto Quotidiano)

Girando per l’Est Europa capita d’imbattersi in prodotti italiani improbabili tipo il “Lambrusco Bianco Brut”, roba da esportazione che si può dare a bere solo a qualche straniero. Succede per i generi alimentari o la moda ma non s’era mai visto in letteratura finché Einaudi nel 2009 ha pubblicato Educazione siberiana di Nicolai Lilin, cognome che ricorda pseudonimi come Stalin o Lenin e in russo suona artefatto. Da allora il romanzo di formazione (criminale) ambientato in Transnistria è stato tradotto in diversi paesi – guarda caso non in Russia – e Gabriele Salvatores ne sta facendo un film con cast internazionale e riprese in Siberia.

“Vista la storia avremmo dovuto girare in Transnistria. E’ una regione in cui sono state deportate nel passato moltissime comunità criminali, ogni gruppo controllava una zona. Oggi resta una terra pericolosissima, è impossibile girare là”, ha spiegato il regista. In effetti si tratta d’uno stato non riconosciuto dall’Onu, oltre il fiume Dnestr, un buco nero in territorio Moldavo, che nel ’90 s’è dichiarato indipendente, e dove transitano i traffici più loschi. Quanto alle comunità criminali deportate, Salvatores s’è bevuto le bufale di Lilin. E non solo lui: dopo avere letto le bozze del romanzo, Roberto Saviano ha voluto incontrare il giovane scrittore – allora viveva in una cascina sperduta del cuneese e si guadagnava da vivere come tatuatore – e ha (involontariamente) propinato ai lettori di Repubblica la storia romantica del migrante che discende dall’etnia criminale degli urca, sopravvissuta nella foresta siberiana, perseguitata dai comunisti e deportata da Stalin in massa nella Transnistria.

Anna Zafesova della Stampa è andata laggiù per scoprire che la base storica del romanzo non sta né in cielo né in terra. E sul sito dell’associazione Anna viva, dedicato alla Politkovskaja, il giornalista Andrea Riscassi racconta d’una presentazione al Babel Festival di Bellinzona dove Lilin è stato sbugiardato da una russa. Anche all’estero, con le traduzioni, qualcuno ha iniziato a farsi delle domande. Michael Bobick, antropologo americano che sta compiendo ricerche in Transnistria, ha pubblicato sul sito Transitions un articolo dove attacca il romanzo: gli urca non sono un’etnia ma una categoria criminale generica, nessuno veniva deportato dalla Siberia, casomai in Siberia! E Bender, la città dove Lilin è nato nell’80 e ha ambientato il libro, è molto più tranquilla della capitale della Transnistria, Tiraspol, contrariamente a quanto scritto.

In breve: Educazione siberiana è una sfilza di luoghi comuni del “criminale onesto” del tutto privi di credibilità: basta aprire qualche pagina a caso e si trovano cose improbabili, tipo che negli anni ’50 in Urss non si potevano più tenere i matti in casa e così molte famiglie per non doverli mandare in manicomio sono emigrate in Transnistria dove i criminali siberiani, per tradizione, li trattavano molto bene e li chiamavano “Voluti da Dio”! Vuoi vedere che pure il buon Basaglia era un urca?

Imperterrito, Lilin ha continuato a recitare la parte dello scrittore-canaglia ostentando una pistola e sostenendo di essere in pericolo di vita per far provare qualche brivido alla groupie letteraria di turno. Di più. Si è trasferito a Milano, dove ha aperto il centro culturale Kolima, e ha pubblicato un secondo romanzo, Caduta libera (sempre Einaudi), ambientato in Cecenia: non solo ha un passato da giovane criminale siberiano ma i russi l’hanno pure costretto a combattere nel Caucaso come cecchino e poi – come ha rivelato a Rolling Stones, tatuando l’intervistatore – ha prestato servizio in altri scenari come l’Iraq per conto di un’agenzia israeliana! Ma come può un cittadino della Transnistria (Moldavia) essere costretto dai russi a combattere in Cecenia? Il 21 maggio Lilin incontrerà Arkadij Babchenko al Festival “èStoria” di Gorizia. L’autore della Guerra di un soldato in Cecenia (Mondadori) è meno fotogienico ma la guerra l’ha fatta davvero e la sua foto che compare sul Guardian è autentica: quella di Lilin armato fino ai denti su Oggi sembra creata ad arte per il lancio.

Del resto che poteva raccontare per sfondare in Italia: che ha fatto il militare a Cuneo?