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martedì 4 maggio 2010

Alcune piccole cose

Non potendo essere presente al prossimo incontro, qualche parola sul libro la metto qui. Il libro per chi non lo sapesse è “Il Dio delle Piccole Cose” di Arundhati Roy, della quale abbiamo pure una foto, che non guasta mai.



Rileggo questo libro dopo quattro anni. Di libri in questi 4 anni ne sono passati tantissimi, e alla seconda lettura l'enormità di questo romanzo mi risulta ancora più evidente. E va bene, è facile per me dirlo, io che ho usato il titolo del libro per intitolarci il blogghe. Ma comunque. Spesso si dice “questo libro parla di questo e di questo. Affronta questo argomento. Parla di un tizio che fa questo ”.
Nel caso del libro di Roy tutto ciò è molto poco importante. Nel libro si trova la narrativa nel senso più assoluto. Dove i temi non sono facilmente definibili ma restano sospesi come fossero solo sensazioni. Quello che si ricorda delle pagine lette è l'atmosfera, l'aria che tira. Non il tema centrale. Ci sono libri infarciti di presunte verità formulate come proverbi per la vita, fatti apposta per essere citati e fare bella figura con gli amici: non è questo il caso. La scrittrice narrando riesce a fare quello che a moltissimi scrittori anche celebrati non riesce: prendere l'umanità vera e credibile, e metterla efficacemente su pagina. Tu la leggi, e ci credi.

Per esempio, i bambini.

I due bambini Estha e Rahel sono i due protagonisti del libro. I due bambini parlano e si comportano da bambini. Sembrerà ovvio, ma la letteratura mondiale è zeppa di bambini che parlano da adulti, di adulti che parlano come filosofi, di personaggi estremizzati, o allegorizzati, o mitizzati. Di personaggi molto poco credibili. Di personaggi che mai hai incontrato nella tua vita. Era un mio pensiero ricorrente quando leggevo De Carlo - che pure ho apprezzato. Mi chiedevo: ma esisterà davvero gente che parla così?

Polidori mi ha detto: «Ma la noia è una delle armi dell'avanguardia istituzionalizzata, no? Le coperture multiple, i bunter di riferimenti e citazioni per gratificare i critici e far leva sui complessi d'inferiorità e i desideri di espiazione degli spettatori?» Ha sorriso, ed ero stupefatto dal suo tono, dal suo punto di vista in apparenza così vicino al mio.
A. De Carlo. “Tecniche di Seduzione”.

Le piccole cose – secondo la mia interpretazione che non so se è quella giusta – sono i colori, gli odori, i dettagli di ogni scena che aiutano a rendere la stessa scena credibile. Oppure le parole pronunciate o pensate, che sono appunto “piccole” perché non funzionali alla storia, ai sentimenti più forti del romanzo ma che – di nuovo – la rendono vera, e dunque credibile. Se si tratta di bambini, questi bambini, fanno pensieri da bambini. E tu che leggi non ti distrai nemmeno per un momento, non ti accorgi che a scrivere o a pensare non è un bambino, ma un adulto. Un'adulta (e qui poi sta l'assurdità) che dopo aver partorito questo romanzo e suscitato un clamore mondiale, di romanzi ha poi deciso di non scriverne più.

(il bambino Estha, seduto in auto, osserva il matto del paese, un uomo nudo privo di braccia)

Estha notò che i capelli erano grigi e ricciuti. I peli delle ascelle, non protetti dalle braccia, erano neri e sottili, e quelli del ventre neri e robusti. Un uomo con tre tipi di peli. Estha si domandò come poteva essere. Cercò di pensare a chi poteva chiederlo.

(sono fermi in auto ad attendere che passi il treno.)

Il treno era passato talmente veloce che era difficile immaginare che tutti avessero aspettato così tanto per così poco. Le foglie di igname continuarono ad annuire per molto tempo dopo che il treno fu passato, come se fossero del tutto d'accordo con lui, e non nutrissero il benché minimo dubbio. 

RAFFAELE

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